Intervento di Alfio Bassotti all’incontro sul tema:“Per costruire l’alleanza delle libertà”

ottobre 8th, 2009

Intervento di Alfio Bassotti all’incontro  sul tema: 

“Per costruire l’alleanza delle libertà” 

9 luglio 2005 – Jesi – Auditorium Hotel Federico II 

Sinceramente non capisco tutti i giri di valzer che abbiamo dovuto registrare in questi ultimi giorni attorno alla proposta per la creazione di questo soggetto politico: partiam, partiam, partiam e nessuno che si mette non dico a correre, ma almeno a camminare: e tutto ciò si verifica mentre il tempo a nostra disposizione sta, a me pare, rapidamente esaurendosi:

Non c’è, quindi, da perderne altro perché, mancare questo appuntamento con la storia corrisponde a un vero e proprio suicidio politico.

Per coloro che non mi conoscono, sono il coordinatore dell’associazione culturale “Europa III Millennio”, associazione nata nel dicembre del 2001 proprio in questo auditorium.

Questo sodalizio culturale “ Europa III° Millennio ”, che  basa la sua attività esclusivamente sul volontariato e che vuol rivendicare e  valorizzare il patrimonio culturale e sociale profuso dai cattolici e dai                   liberal- democratici in Italia ed in Europa, l’abbiamo voluto chiamare così ispirandoci ad una affermazione di Papa Giovanni Paolo II che recitava testualmente   “ L’Europa del III Millennio sarà Cristiana o non sarà”.

Debbo constatare che se ci guardiamo intorno, se riflettiamo bene, cioè, su tutto ciò che sta accadendo, l’affermazione del compianto pontefice ci sembra essere oggi più una profezia che una semplice asserzione. 

Ma quale è stato il motivo che ha spinto me ed un gruppo di amici, dopo 10 anni di autentico letargo politico, a prendere questa iniziativa che, oltre alla finalità illustrata, aveva anche lo scopo di approfondire le tematiche politiche e programmatiche della realtà regionale in riferimento alla costruzione della casa europea? 

Perché la nostra attività, espressasi tra l’altro con una ventina di  convegni itineranti svolti in tutti i maggiori centri della Provincia di Ancona che hanno sempre riscontrato un alta e qualificata partecipazione, ha provocato la libera adesione di tanta gente? 

Il perché cari amici è molto semplice : noi rappresentavamo un dato di novità che sintetizzava in qualche modo la speranza di tanta gente. Gli amici sapevano che ci sentivamo impegnati a lavorare perché si  potesse al più presto ricostruire un grande raggruppamento di centro, organicamente collegato e inserito nel Partito Popolare Europeo. 

Da tempo avevamo infatti intuito che il sistema bipolare, salutato con così grande enfasi ( tanto da dover oggi registrare che molti hanno quasi timore a dire che ci si poteva anche essere sbagliati) a lungo andare non poteva durare per due motivi: 

Noi non siamo un paese di tradizione e di cultura anglosassone ove si riesce a semplificare lo schieramento politico tra moderati e progressisti.

Noi siamo, invece, un popolo latino: un popolo con una sensibilità tutta sua ove i sentimenti, le emotività, la passionalità, la cultura, le tradizioni si intrecciano tra di loro ed incidono in modo significativo nel convivere civile. E tutto questo porta il cittadino ad assumere una incredibile varietà di posizioni: varietà che solo una grande capacità di mediazione può riportare a sintesi al fine di tenerle, in larga parte insieme per fare delle diversità compatibili una grande ricchezza. Posizioni mediane, perciò, più sfumate quelle da assumere evitando, come si è voluto sino ad ora, di fare  valutazioni, sempre e comunque, duramente alternative. 

Diciamo la verità: abbiamo voluto inventare il bipolarismo scimmiottando la tradizione democratica anglosassone: però questo sistema non regge, fa acqua da tutte le parti e crea una litigiosità permanente all’interno degli schieramenti dovute alle tante, troppe, incompatibilità tra le varie componenti. 

Immaginate quali sentimenti di solidarietà politica esistono tra molti di noi e gli amici della lega: le esternazioni quotidiane di questi ultimi, spesso così rozze e provocatorie, creano costanti situazioni di sconforto, di delusione e  di prostrazione politica.

E se il centro destra per le continue punzecchiature tra le sue componenti non ride, che dire del centro sinistra che non registra un qualche sporadico e convincente motivo dello stare insieme (si pensi semplicemente alla politica economica, alla politica estera, alla difesa del valore della sacralità della vita) e che trova come unico collante soltanto l’intento di battere e mandare a casa Silvio Berlusconi : tutto il resto non conta.

Essere atlantici o meno non conta, essere o meno europeisti convinti non conta, favorire aberrazioni come i matrimoni Gay non contano, sostenere l’eutanasia non conta, assecondare le manipolazioni genetiche non conta, praticare  concezioni centralistiche e snobbare la partecipazione nello sviluppo della società civile non conta: l’essenziale è battere Berlusconi. 

Vi rendete conto , cari amici, che mai, e poi  mai, nemmeno al tempo della più feroce contrapposizione tra comunisti ed anticomunisti, mai la politica era caduta così in basso, riducendosi alla mera pratica dell’insulto e della demonizzazione dell’avversario: si ha consapevolezza che, così operando, si alimentano, consciamente od inconsciamente,  sentimenti di ostilità, di rancore, per non dire di odio, che stanno creando un clima foriero solo di gravi sviluppi: un clima, che giova ricordare, questo paese ha già vissuto durante la fase immediatamente precedente al terrorismo scatenato dalle brigate rosse.. 

Perciò, di fronte alla sfida per la costruzione della casa dei moderati riformisti ( o come diavolo la si vorrà chiamare : più che del nome è importante fissarne il contenuto) questa guerra di posizioni, fatta da tattiche strumentali ( tu picchia che poi io medio o se si giocasse a bocce si direbbe: tu mena che io accosto) che senso ha?

Tutti questi sottili distinguo, fatti di nominalismi, non fa latro che alimentare stucchevoli e strumentali vecchi giochi a cui abbiamo per tanti anni assistito: In questo paese, infatti, sembra essere sufficiente cambiare il nome ad una costa per credere di aver risolto il problema; in sostanza oggi si dovrebbero sentire gratificati il vecchio scopino perché viene chiamato operatore ecologico, o la donna di servizio perché oggi viene chiamata collaboratrice domestica: orbene, nessuno mette in dubbio che esteriormente, sul piano formale, questa sia una buona cosa; ma se agli interessati non vengono poi assicurate condizioni di lavoro decenti e corrisposti salari adeguati a garantire loro un minimo di decoro per se stessi e per le loro famiglie, questa dignità formale che viene assicurata loro da una nuova e più consona denominazione  della loro attività, mi dite voi dove se la sbattono? 

Ed allora il problema non è quello di preoccuparsi  di costruire un partito che chiami le sezioni di una volta comitati locali, i comprensori comitati di collegio, i gruppi di impegno politico, club e cosi via. 

Il problema è un altro: quello, cioè, di far si che questi organismi funzionano, di capire  quando  e quante volte debbono riunirsi, di capire se sono aperti alla partecipazione reale permettendo l’iscrizione e la partecipazione anche di tanta gente (contenendo anche il costo delle tessere perché tanti pensionati che sono larga parte dell’elettorato non possono permettersi attualmente il lusso della tessera che, si badi bene, rappresenta da sempre un forte adesione ideale ed un conseguente legame operativo). 

Il problema è se questa organizzazione interna è in grado di recepire e di proporre soluzioni ai problemi del territorio di  competenza; il problema è se i dirigenti sono capaci di stare tra la gente e con la gente e, forti del consenso popolare,  sono in grado di contribuire alla costruzione di un processo di formazione democratica delle opzioni  politiche e della scelta dei rappresentanti chiamati a realizzarle in sede istituzionale . 

Il problema è vedere se il nuovo assetto partitico sarà in grado di eliminare eliminando il sistema delle oligarchie attuali che si sono purtroppo affidate ad un  centralismo che rischia di soffocare sul nascere ogni novità che emerge. 

Ed infine questa politica del rinvio che è propria di chi vuol evitare di affrontare i problemi perché ha paura di compromettere le proprie posizioni di rendita.

Ma che politica è quella di chi non avendo più il coraggio, anzi direi il gusto di mettersi in discussione, si rifugia dietro questo escamotage: rinviare, rinviare ed ancora rinviare!

“Di rinvii, ci ricordava spesso il mio collega assessore e consigliere regionale avv. Emanuele Grifantini, “un avvocato di solito ci campa, in politica invece a forza di rinvii si muore. 

Ed allora è arrivato il momento del coraggio e bene hanno fatto gli amici ad organizzare questo convegno; e bene hanno fatto i gruppi consiliari di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell’UDC a nominare il loro candidato alla presidenza regionale, Francesco Massi, coordinatore del centro destra in consiglio regionale; e bene ha fatto il gruppo regionale consiliare di FI a chiamarsi Gruppo consiliare FI-PPE: è un segnale forte e serio nella direzione della creazione di questo nuovo soggetto politico: il partito dei moderati riformisti Italiani ( il nome ha poca importanza ) che, collegato al PPE, potrà posizionarsi al centro della politica italiana.

In quell’aria politica, cioè, che tutti vorrebbero occupare  ( le sgomitate per farsi largo in tale direzione non si contano più) perché è in quella direzione che costantemente si indirizza il consenso della maggioranza degli italiani: consenso che evidentemente tutti vorrebbero intercettare.

Ecco perché  mi sento veramente male quando registro i tanti sofismi, le sottili distinzioni, i giochi di fioretto: è il paese, cari amici, che non li capisce e non lo sopporta più: è lapalissiano  che, così operando, rischiamo una debacle che non si sostanzia semplicemente nel perdere le prossime elezioni ma che si sostanzia invece in un fatto molto più grave visto che è in gioco la nostra stessa sopravvivenza politica. 

Ed allora questa è la stagione del coraggio. 

D’altronde, mi si consentirà, avendo vissuto, anche da protagonista, le vicende di mezzo secolo pagando un prezzo indicibile alla testimonianza politica, tanto che negli ultimi dieci anni  ha sempre rifiutato tutti gli inviti a impegnarsi nuovamente, dicendo semplicemente “grazie ma ho già dato”, oggi, di fronte alla prospettiva concreta di dar vita ad un nuovo soggetto, aggregante  le posizioni moderate, sensibile a quel riformismo che le mutate condizioni economiche e sociali impongono, permeato e garante dei valori cristiani,  laico nella sua operatività, mi si consentirà si diceva di avvertire la necessità, anzi il dovere di dare un proprio contributo.

Il che significa anche che sento essere tutti noi di fronte ad una scelta storica alla quale, in questo tempo di difficoltà, nessuna persona responsabile può negare il proprio apporto.

Ed è, quindi, una pagina di ottimismo e di speranza quella che siamo insieme chiamati a scrivere: certo, sarebbe  bello poterla scrivere con tutti  ma dobbiamo comunque scriverla.

Perciò, dovremo essere comunque determinati a farlo con tutti coloro che lo vorranno perché convinti che gli amici di viaggio che eventualmente all’inizio perderemo per strada, prima o poi, lentamente li ritroveremo lungo il cammino di questa nostra storica iniziativa.

E non c’è niente di eroico, cari amici, in tutto questo perché lo dobbiamo proprio ai veri eroi della nostra società civile: i veri eroi che sono tutti i padri e le madri che ogni mattino vanno al lavoro per dare sicurezza  e sostentamento alla propria famiglia; i veri eroi che sono i nostri figli che frequentano con profitto la scuola  preparandosi ad essere domani il futuro del nostro paese; i veri eroi sono tutti coloro che si impegnano nel volontariato per dare una mano a tutti quei nostri fratelli meno fortunati che hanno bisogno della nostra solidarietà.

Ed è a questi eroi silenziosi, è al paese reale che noi dobbiamo una risposta alta riportando l’impegno politico a quella dignità che gli è propria e che fa della politica lo strumento più nobile per servire il bene comune.

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